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Figura e ruoli delle maestre sono cambiati

 

Episodi  e conseguenze psicologiche delle diverse forme di violenza contro i bambini sono oggetto di molta attenzione, non solo della letteratura scientifica, ma anche di operatori di varie discipline che, a vario titolo, entrano in contatto con le problematiche dello sviluppo e della tutela all’infanzia. Non ultimi i genitori, sempre più allarmati e timorosi di fronte a notizie di episodi di violenza nelle scuole.

Rispetto ad anni fa possiamo certamente affermare una diversa visione dell’infanzia, che a partire dagli anni ’60 andando in progressione, ha proposto l’immagine di un bambino soggetto di diritti. È certamente in una prospettiva di progresso e di valorizzazione dell’immagine dell’infanzia che la maestra ha abbandonato bacchetta e punizioni dietro la lavagna. Il pensiero di allora, condiviso da insegnanti, genitori e bambini stessi, era che qualsiasi mezzo adottato dall’insegnante potesse essere utile, assolutamente autorizzato e giustificato dal fine della correzione del bambino.

In questa scuola l’ascolto e l’empatia lasciavano spazio al rigore, alla competizione e ai tanti strumenti: era così che le orecchie da asino non erano considerate umiliazione, ma la giusta conseguenza dell’aver commesso un errore grave in grammatica, era così che posizionare il banco fuori dalla porta non era sbarramento, esclusione dal gruppo e rottura della relazione educativa, ma l’essersi comportati male, era così che mettersi in ginocchio dietro la lavagna su ceci non era  violenza, ma aver dimenticato di eseguire il compito a casa. Allora la maestra metteva in atto queste punizioni con intenzionalità e con alla base la convinzione di essere utile per l’educazione dell’allievo, e così erano effettivamente viste da tutti.

Ai giorni d’oggi appare inconcepibile, ma assolutamente reale, l’idea che l’insegnante possa intenzionalmente nuocere i bambini con atti che lo turbano, adottando comportamenti violenti, aggressivi e denigratori.

La grande differenza tra la maestra violenta di ieri e di oggi sta proprio nell’intenzionalità; oggi il comportamento non è intenzionale, ma spesso è frutto di stati psicologici alterati ed è quindi necessario lavorare in chiave psicologica sull’origine di una sorta di vendetta indiretta.

La molla dell’impulsività determinata dalla situazione può indurre la falsa credenza circa la sporadicità, la causalità, la rarità e quindi la non gravità dell’accaduto e delle sue conseguenze. Non c’è alcun dubbio su queste. Conseguenze che sono complesse, di entità differente in ciascun caso e che variano in relazione all’età del bambino, alla tipologia, alla durata, alla gravità degli episodi di maltrattamento, ma soprattutto alla tipologia di rapporto che c’è tra bambino e abusante. Rapporto che può essere di tipo educativo se siamo nel contesto scuola, ma anche familiare se ci spostiamo a casa, con conseguenze evidentemente più gravi.

Al di là degli episodi di violenza scolastica, che rimangono da condannare, sottolineo infatti che è all’interno delle mura domestiche che si consumano i più gravi, complessi e diffusi fenomeni di violenza a carico di bambini. Spesso c’è addirittura una compresenza di diverse forme di abuso, con carattere di cronicità e con una certa coerenza del sistema relazionale, in quanto entrambi i partner, seppur con ruoli e responsabilità diverse, appaiono uniti nella mancata protezione del bambino, il quale si trova così a non poter contare almeno su un adulto testimone della sofferenza e dei sentimenti che lo attraversano. Ecco che qui la figura dell’insegnante assume un ruolo chiave come colui che può osservare e riportare indicatori precoci di maltrattamento.

Si rende quindi necessaria un’adeguata formazione dell’insegnante a cogliere i fattori di rischio e i segnali di maltrattamento, nella piena consapevolezza del ruolo importante che rivestono, nella denuncia di episodi di violenza delle famiglie, ma anche di colleghi.

A questa formazione è buona cosa associare un monitoraggio psicologico di tutti gli insegnanti, non imposto dalla scuola o regolato dal Ministero, ma che prende avvio dalla libera iniziativa personale, ancora  nella consapevolezza di svolgere una professione in cui entrano in gioco tante variabili del vissuto personale del presente e del passato, che si riversano su decine e decine di bambini.