Categoria: Psicologia

La Psicologia: una scienza giovane con un interesse antico

La Psicologia, se da un lato ha una lunghissima preistoria, dall’altro ha una storia relativamente breve. E’ infatti, una scienza giovane, ma che ha per oggetto un antico interesse dell’uomo.
Le origini della Psicologia sono molto anche, già Aristotele nel 350 a.C. scrive il “De Anima”, ma anche Platone si pone interrogativi di carattere psicologico.
E’ solo nel 1500 che Melantone conia il termine Psicologia, con il quale intendeva l’insieme di conoscenze filosofiche, pedagogiche, letterarie, religiose, mitologiche riguardanti l’animo umano.
Tra il 1600 e il 1700 compaiono numerosi dibattiti sulla psicologia, ricordiamo la suddivisone tra mente (res cogitans) e corpo (res extensa) di Cartesio, le critiche di Hobbes e il “Saggio sull’intelletto umano” di Locke.
Intorno alla metà del 1800 la psicologia non è più una questione per filosofi, ma inizia a diventare oggetto di interesse di vari scienziati, come medici, fisiologi, biologi.
Tra questi scienziati troviamo i precursori della psicologia scientifica moderna, i quali hanno condotto studi molto rilevanti, come la nascita della psicofisica di Weber e Fechner, lo studio dei tempi di reazione di Donders e gli studi sulla memoria di Ebbinghaus.
Il fondatore della Psicologia scientifica è W. Wundt, il quale, dopo aver pubblicato i “Fondamenti di Psicologia fisiologica”, nel 1879 fonda il primo laboratorio di psicologia scientifica a Lipsia, tiene corsi universitari in materia e fonda una rivista.
Grazie a Wundt la psicologia diventa una scienza autonoma che ha come oggetto di studio i processi sensoriali semplici (sensazione e percezione). Lo scopo è lo studio della struttura della mente attraverso lo strumento dell’introspezione, che consiste nel guardare dentro alla propria mente, cercando di cogliere e riportare i processi mentali che hanno avuto luogo durante la presentazione di uno stimolo. Era però necessario un addestramento.
Titchener, allievo di Wundt, si trasferisce negli Usa e approfondendo gli studi del maestro, fonda lo Strutturalismo, che ha come oggetto di studio la struttura della mente umana, attraverso l’analisi dei suoi contenuti elementari. Il metodo utilizzato rimane l’introspezione.
L’approccio strutturalista è destinato a tramontare con la morte del suo fondatore, in quanto erano numerosi i limiti metodologici.
La diffusione della teoria evoluzionistica di Darwin costituisce la radice storica del Funzionalismo, che nasce alla fine del 1800, negli Usa ad opera di W. James, mentre le correnti più evoluzionistiche sono da far risalire a Angell e Carr. Il funzionalismo si interroga appunto sulla funzione dei processi mentali e ha come oggetto di studio i processi e le funzioni che favoriscono l’adattamento dell’organismo all’ambiente. L’eclettismo metodologico che adotta si basa sull’utilità pratica e sulla capacità di indagare le interazioni dell’uomo con l’ambiente naturale.
Lo stretto legame che si prospetta tra comportamento e ambiente, porta la psicologia allo studio del comportamento e alla nascita del Comportamentismo (o Behaviourismo). Nel 1913 Watson pubblica “La psicologia dal punto di vista comportamentista”, un articolo considerato il manifesto del comportamentismo.
Secondo i comportamentisti la psicologia per diventare scienza deve concentrarsi su un oggetto di studio che possa essere osservato in maniera intersoggettiva da tutti i soggetti. Tale oggetto di studio è il comportamento, inteso come insieme delle risposte muscolari e ghiandolari di un individuo ad uno stimolo, secondo il modello S-R. Ha quindi le seguenti caratteristiche: è osservabile, misurabile, verificabile, manifesto. La mente è considerata una black box all’interno della quale non è dato sapere cosa accada. Il metodo di studio utilizzato è quello sperimentale di laboratorio.
Oggetto di studio del Comportamentismo è stato l’apprendimento, infatti fondamentali sono stati i contributi da parte della scuola russa. Pavlov, ha studiato sui cani il Condizionamento classico e ha vinto il Premio Nobel nel 1904, Skinner ha approfondito questi studi e ha elaborato il Condizionamento operante.
Parallelamente al Comportamentismo americano, in Europa (in particolare nell’Istituto di Psicologia di Berlino) nasce la psicologia della Gestalt. Nel 1912, infatti, Wertheimer, considerato il fondatore, pubblica un articolo sul movimento appartente (o stroboscobico).
Si tratta della psicologia della forma, che pone la sua attenzione in particolare sul processo percettivo e sostiene che ciò che conta è la totalità di un fenomeno e non le singole parti che lo compongono, l’intero è qualcosa di più della somma delle parti. Gli psicologi della Gestalt hanno elaborato importanti principi percettivi innati di raggruppamento (es. principio di vicinanza, di somiglianza, di chiusura, di continuità).
Il metodo impiegato è il metodo fenomenologico, che consiste in una osservazione di tipo bottom-up dei fenomeni.
In America, negli anni ’60, contro il riduzionismo del Comportamentismo si sviluppa un nuovo orientamento, grazie ad una rivoluzione cognitiva avviata da alcuni psicologi che hanno ammesso l’esistenza di un qualcosa tra S e R.
Nasce così il Cognitivismo, con il suo fondatore Neisser, che ha come oggetto di studio i processi cognitivi, divenuti ormai una presenza innegabile nell’elaborazione di informazioni, infatti i processi cognitivi non possono essere visti, ma la loro funzione può essere inferita, come nel caso del paradigma dei tempi di reazione.
Possiamo distinguere due fasi nello sviluppo del Cognitivismo, la prima relativa al cognitivismo radicale della HIP (Human Information processing) per il quale la mente è un elaboratore di informazioni, e la seconda del Neo-Cognitivismo, che pone attenzione agli aspetti sociali e culturali (problema dello human factors).
Di grande rilievo è la Psicoanalisi di S. Freud, che segna una frattura epistemologica nel pensiero psichiatrico fino a quel momento improntato a premesse organicistiche.Freud nel 1922 definisce la Psicoanalisi come un procedimento per l’indagine dei processi psichici inconsci, cui altrimenti sarebbe impossibile accedervi, un metodo terapeutico basato su questa indagine, una serie di conoscenze psicologiche acquisite, che gradualmente si sommano per formare una nuova disciplina scientifica. I cardini della psicoanalisi sono: le libere associazioni, il transfert (e controtransfert) e il sogno.
Centrale è il concetto di inconscio che caratterizza la struttura della mente presentata nella prima topica (Inconscio, preconscio e conscio) e nella seconda topica (Es, Io, Super-Io).
Tra le opere più importanti di Freud rientrano i “Tre saggi sulla teoria sessuale”, in cui delinea il suo modello di sviluppo diviso in fasi (orale, anale, fallica, latenza, genitale).
Osservazione e interpretazione sono i metodi di studio utilizzati.
Nella scuola di Ginevra, fondata da J. Piaget, nasce l’Epistemologia Genetica, che ha come oggetto la conoscenza così come si sviluppa nell’interazione organismo-ambiente. Coniuga metodo sperimentale e metodo clinico e studia il funzionamento delle strutture cognitive nei diversi stadi dell’esperienza. Piaget ha elaborato un’importante teoria dello sviluppo cognitivo in 4 stadi: senso motorio, pre-operatorio, operatorio concreto, operatorio formale.

Tutti in vacanza: mare o montagna?

Vi siete mai chiesti perché alcune persone si sentono più a loro agio in un certo tipo di ambiente piuttosto che in un altro? Perché c’è chi gradisce ambienti solitari e desertici e chi invece va a caccia dei posti più affollati e rumorosi? La risposta sembrerebbe abbastanza semplice: i criteri soggettivi di valutazione estetica, l’abitudine, le esperienze, i ricordi infantili…forse. Ma forse c’è anche qualcosa di più: una sottile coerenza che lega i paesaggi esterni a quelli interni della mente.

Ho voluto indagare questa tematica proprio ora che in molti si stanno preparando alla partenza e, tra le tante ricerche presenti in letteratura, ho preso in esame quella condotta da Franco Dogana (1937-2003), professore ordinario di Psicologia all’Università Cattolica di Milano.
Per compiere tale ricerca sono state intervistate 60 persone, metà uomini e metà donne, di età compresa tra i 18 e i 60 anni di varia condizione sociale, livello di istruzione e professione, residenti al Nord Italia con lo scopo di indagare le motivazioni della preferenza tra mare o montagna, gli aspetti maggiormente graditi, gli aggettivi che descrivono le diverse vacanze, come sono le persone che preferiscono l’ambiente marino piuttosto che montano, quali attività vengono svolte.

In base agli strumenti utilizzati si possono formulare alcune ipotesi circa le differenze tra i contesti ambientali marino e montano e le caratteristiche di personalità di chi preferisce l’uno o l’altro.

Le caratteristiche geofisiche e climatiche del mare fanno subito pensare al sole, luminosità, temperatura calda, alta pressione, bassa escursione termica, immensa massa d’acqua ondeggiante, tutti elementi che favoriscono il rilassamento, il torpore, il rallentamento del ritmo e l’apertura verso l’ambiente.
Il paesaggio è sicuramente dominato dalla dimensione orizzontale e dalla mollezza (dell’acqua e della sabbia); il mare è dunque più in sintonia con un atteggiamento di rilassatezza e passività, di lasciarsi andare e farsi cullare, possiamo quindi dire di edonismo.
Il paesaggio umano del mare richiama spiagge affollate, stretto contatto corporeo, corpi svestiti, file di ombrelloni, persone distese al sole, voci, chiasso, giochi, grida di bambini e di madri, ecc., oppure, fino alle ore piccole, discoteche e ristoranti affollati.
Il mare è dunque riconducibile a una socializzazione più estesa, d’altra parte le coste hanno sempre rappresentato un’apertura agli scambi culturali e ai traffici, come sintetizzato nell’espressione “porto di mare”. La socializzazione è estesa, ma superficiale, basata su componenti esibizionistiche ed edonistiche, si pensi alle classiche “cotte da spiaggia”, che sono anche state oggetto di numerosi film di successo come “Sapore di mare” o “Abbronzatissimi”.

La montagna ha invece le seguenti caratteristiche: temperatura fresca, ombra, verde, aria frizzante, bassa pressione, forte escursione termica, che determinano un atteggiamento di difesa, ma anche un maggior effetto tonificante, favorisce dinamismo e attività.
Le differenze tra la temperatura diurna e quella notturna nell’ambiente marino e montano fanno sì che la vacanza in montagna si svolga prevalentemente di giorno, mentre durante la vacanza al mare spesso sono previste attività notturne.
Il paesaggio montano è caratterizzato dalla verticalità, altezza, durezza e asperità; elementi che fanno pensare all’impegno, lo sforzo, la resistenza, la sfida, gli interessi conoscitivi, come ad esempio naturistico-ecologici. Si può dire che mentre il mare è improntato a una simbologia materna del “ricevere” (i raggi, il calore, l’avvolgimento dell’acqua), mentre la montagna ad una paterna “dell’agire”.
L’ambiente sociale della montagna è caratterizzato da silenzio, voci della natura, corpi ben coperti, escursioni, passi cadenzati, piccoli gruppi, cori di alpini, feste paesane, partite a carte, riposi serali, alzate mattiniere. La montagna richiama una certa chiusura agli scambi e ai contatti, una socializzazione almeno apparentemente più profonda e genuina, che rifugge l’esteriorità e la mondanità.

Per concludere, il mare sembrerebbe più adeguato a chi ama un alto livello di stimolazione, la montagna a chi preferisce un basso livello di stimolazione. Ciò emerge chiaramente nelle risposte alle domande della ricerca relative alla definizione del profilo psicologico che preferisce le vacanze ai monti o al mare. I dati mostrano infatti che la percezione sociale degli appassionati dei due tipi di ambiente è basata su caratteristiche abbastanza diversificate. La maggior parte dei soggetti tendono a vedere la persona che preferisce la montagna come un soggetto tranquillo e riflessivo, tendenzialmente introverso, un po’ musone, amante della natura, romantico; la persona che preferisce il mare è invece dipinta come giovane, estroversa, allegra, amante del divertimento, un po’ iperagitata, ma anche oziosa e superficiale.
Tengo a precisare che i dati descritti non pretendono di costituire delle diagnosi di personalità, ma riflettono piuttosto le rappresentazioni sociali che accompagnano i vissuti collegati ai due tipi di ambiente.
E voi? Siete d’accordo con i risultati di questa ricerca? Il vostro profilo psicologico corrisponde a quello descritto?